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Approfondimenti  »  [LEGGENDE] Darren Daye, il cerbiatto di Pesaro


[LEGGENDE] Darren Daye, il cerbiatto di Pesaro   di ilCrispo   |   Pubblicato il 16/12/2021

Il cerbiatto, da sempre associato ad eleganza, velocità di corsa e agilità di movimenti.
Il cerbiatto dagli occhi dolci ed intelligenti.
Si, proprio un cerbiatto tanti anni fa mi rapì il cuore.
Un meraviglioso cerbiatto di nome Darren Keefe Daye.

darren

Era il 1988, avevo 17 anni e da un pò ero appassionato di basket, gioco cosi lontano dal calcio che pure praticavo con passione. Naturalmente ero già devoto ai Boston Celtics, una fede che non ha eguali. Iniziai i primi vagiti di interesse per il campionato italiano nel 1981 grazie ad alcuni compagnetti di scuola che giocavano negli esordienti della Virtus Basket Edera di Macerata, ai loro genitori che lavoravano come tecnici della scuola basker di Porto San Giorgio e grazie ad alcune conoscenze di Pesaro divenni "sostenitore" ( termine antico ma di così grande fascino!) della Victoria Libertas, che in quegli anni, grazie ad un visionario di nome Walter Scavolini, industriale delle cucine, stava cercando di realizzare un sogno impossibile: essere Davide che sconfiggeva Golia, in concreto riuscire con una squadra della provincia a sconfiggere le super potenze del basket italiano: Bologna, Varese, Cantu e soprattutto Milano, realtà enormi e potenti, con una storia fatta di vittorie e leggenda.

Il 1988 era una stagione cardine per la Scavolini Pesaro, squadra cresciuta di importanza negli anni precedenti, ma che ormai si trovava alla svolta cardine della propria storia: restare una terribile provinciale capace di sporadiche vittorie o diventare una grande squadra capace di lottare costantemente per contendere scudetti e coppe.

Sia chiaro, la Scavolini aveva già raggiunto vette importanti, nel 1982 perde la finale scudetto contro la Billy Milano e poi sempre con Milano targata Simac perde la finale scudetto dell’1985; poi finalmente riesce a mettere in bacheca la Coppa delle Coppe del 1983 e la Coppa Italia del 1985 contro la Ciaocrem Varese. Senza dimenticare altre due finali perse di Coppa delle Coppe nel 1986 e 1987. Abbastanza direte voi per rendere Società e tifosi felici? No, perché man mano l’ambiente pesarese diventava sempre più ambizioso.

La stagione 1988 era cominciata sotto grandi aspettative: Walter chiama in panchina il "Vate" Valerio Bianchini, come suo assistente c’è Sergio Scariolo, giovane promettentissimo e futuro allenatore del secondo scudetto. La base italiana della squadra è solidissima, di grande esperienza e talento notevole: Magnifico, Costa, Gracis, Vecchiato, Zampolini e Natali formano ormai da alcuni anni un gruppo granitico, a loro vengono affiancati l’ala americana Greg Ballard dai Golden State Warriors e soprattutto il talentuoso play Aza Petrovic dal Cibona, fratello di Drazen. Sulla carta una gran bella formazione, un solo obiettivo, vincere finalmente lo scudetto.

Ma arrivati ben oltre la metà della stagione Valerio Bianchini capisce che forse nè Petrovic (nel suo palmares 2 Coppe Campioni con il Cibona Zagabria) nè Ballard (che aveva vinto l’anello con i Bullets nel 1978), seppur ottimi giocatori, riusciranno a dare alla squadra quel plus necessario a contendere lo scudetto a Milano, la rivale di sempre. La squadra ha bisogno di due giocatori capaci di cambiare il corso delle partite, di due talenti in grado di sparigliare le carte di un campionato che stava vivendo il dominio della corazzata Tracer Milano, guidata da Franco Casalini (il successore designato del mitico Dan Peterson) e con in campo campioni come D’Antoni, McAdoo, Premier, Meneghin, Pittis e R.Brown, squadra troppo solida ed esperta per essere battuta solo dai sogni dei tifosi pesaresi. Allora Bianchini gioca la carta a sorpresa, fingendo di essere influenzato non partecipa agli allenamenti settimanali della squadra, di nascosto vola negli Usa per poi ritornare a Pesaro con due giocatori pescati nel campionato NBA: Darwin Cook e Darren Daye, quest’ultimo addirittura "rubato" al rooster dei Celtics. Sembra che Daye sia stato il più difficile da convincere, mentre Cook abbia addirittura pregato Bianchini di portarlo con se in Italia (" …I’m your man Coach, I’m your man!!"). Cosi i due colored sbarcano a Pesaro, vengono tagliati Petrovic e Ballard.

Non è subito alchimia con la squadra, la parte finale della stagione regolare serve per integrare i due nel tessuto della Scavolini ma poi al momento topico della stagione, inizia il famigerato "Darren e Darwin Show": in questi anni con loro Pesaro raggiungerà l’impensabile sogno vincendo due scudetti (1988 e 1990).

In particolare lo scudetto del 1987-88 è un fulmine a ciel sereno: classificatasi 5° nella stagione regolare, nei Play-Off Pesaro batte di seguito Reggio Emilia, Caserta, Varese e Milano in finale in 3-1.

Il secondo vinto nel 1989-90 in finale contro la Ranger Varese di Giancarlo Sacco e della stella nascente Stefano Rusconi non sarà meno difficile ed entusiasmante, ma la squadra aveva ormai piena consapevolezza della sua forza e i due americani ormai erano leaders assoluti.
A questi va aggiunta la vittoria della Coppa Italia nel 1992 contro la Benetton Treviso di Skansi, con avversari come Del Negro, Rusconi e Kukoc in campo, la stessa squadra che purtroppo battè la Scavolini nella Finalissima dello Scudetto di quell’anno!!!

Ma vittorie e sconfitte, lo sapete, fanno parte dell’indelebile destino di ogni squadra.

Ecco, oltre i numeri ci sono le emozioni: vivissime nella mia mente.

Il "Darren e Darwin Show" me lo sono gustato tutto: in quegli anni ero solito andare a vedere la Scavolini al mitico Hangar in Via dei Partigiani, il fortino, il casotto industriale con le tribune tutte intorno al campo di gioco, con i giocatori che potevi quasi toccarli allungando le mani, una bolgia satanica con sempre il tutto esaurito, ambiente ribollente di passione, aria calda e rarefatta, puzza di sudore, tifo incessante; insomma un palazzetto dove poche squadre sono riuscite a battere quella Scavolini, che in quegli anni vinceva quasi sempre la classifica della stagione regolare.

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E in quel campo in mezzo a tanti campioni mi sono innamorato del Cerbiatto, io devoto al Dio Larry Bird mai avrei pensato di prendere un'altra sbandata per un altro campione, ma Darren Daye mi è entrato da subito nel cuore.

Il ragazzo veniva da una buona esperienza in NBA soprattutto nei sui anni ai Washington Bullets. Si, come sapete gioca quasi due anni nei Celtics proprio accanto a Larry Bird, non un esperienza esaltante, dove fatica a mettere in mostra il suo talento cristallino. Ai Celtics si dice abbia avuto qualche problema comportamentale che lo mise in disparte cosi, probabilmente per giocare con più continuità, accetta l’offerta della Scavolini e si ritrova a in una realtà sconosciuta, il campionato di basket italiano. Immagino che nelle sue intenzioni dovesse essere solo una parentesi di alcuni mesi.

L’inizio non è facile, insieme al suo connazionale Cook deve creare amalgama con il gruppo degli italiani della Scavolini, si debbono conoscere, studiare, capire, ma quando questo avviene, dopo non moltissimo dall’esordio, signori, ci troviamo a veder giocare uno dei piu’ grandi giocatori mai visti in Italia.

Ricordo come fosse ieri la sua classe in campo, la sua leggiadria nei movimenti, le sue sgroppate che terminavano sempre con dei meravigliosi canestri in penetrazione, soprattutto questo il suo marchio di fabbrica, la capacità di attaccare il canestro con una classe superiore, con controllo totale del corpo ed un equilibrio che spesso sfidava la forza di gravità. Ricordo bene la sua precisione al tiro alla media, le sue finte che disorientavano i difensori avversari e che gli aprivano autostrade per il tiro in sospensione o per l’attacco al ferro. E poi la capacità di passaggio che esaltava i compagni, anche quelli meno dotati tecnicamente. Un vero uomo squadra.

Insomma un Fuoriclasse che in quella Scavolini formata da grandi campioni diede spettacolo, spettacolo vero. Come dimenticare la sfida ai giganti NBA nel McDonald’s Open di Barcellona nel 1990, quando in semifinale questa squadra porto i New York Knicks di Pat Eving al supplementare, perdendo alla fine solo per un’inerzia. Poi nella finale per il terzo e quarto posto la compagine pesarese perse di un solo punto contro il Barcellona. Ma avevamo affrontato il basket dei fenomeni, traguardo impensabile solo qualche anno prima!

Quando era in giornata Daye era praticamente immarcabile, la sua andatura ciondolante già era difficilmente interpretabile dai difensori che poi dovevano affrontare le sue finte e le sue brucianti accelerazioni. Era un giocatore generoso in campo, sapeva sempre dare una mano al compagno in difficoltà, era molto rispettato ed ascoltato dai compagni, lui come d’altronde l’altro americano Darwin Cook.

L’ho visto tantissime volte segnare canestri di difficoltà estrema cosi come battersi sotto canestro per recuperare un rimbalzo da cui far partire il suo mortifero contropiede.

Rivedo in Tatum molte delle movenze del cerbiatto Daye, in lui molte caratteristiche mi riportano al fantastico Darren.

Ricordo molto bene Daye giocare, in quegli anni ero presente a quasi tutte le partite della  Scavolini in casa: sÌ, veramente sembrava un cerbiatto, veloce, leggero ed elegante. Aveva un controllo dell’equilibrio del corpo eccellente e questo gli permetteva di controllare i tiri dalla media con perfetto bilanciamento in modo da avere percentuali realizzative sempre elevate. E quando poi andava in terzo tempo in penetrazione... poesia pura!

Era il mio eroe ed io lo tenevo nel mio cuore proprio vicino a Larry, lui il Dio assoluto.

Quella di Pesaro non fu una parentesi di qualche mese, fu amore vero: Darren rimase a Pesaro per cinque folgoranti anni, poi una parentesi a Siena e in Europa, mai il ritorno in NBA, come fece invece seppur con poca fortuna il suo compagno Cook.
 
Darren Daye ha rappresentato tantissimo per la Scavolini ma anche per tutto il movimento cestistico italiano, pieno di grandi giocatori stranieri, ma sicuramente un giocatore dalle caratteristiche tecniche di Darren era un unicum.

Alzò enormemente il livello tecnico del movimento e rappresentò di sicuro un riferimento per gli avversari che nell’affrontarlo dovettero mettere in campo molte piu’ energie mentali visto il notevole bagaglio tecnico del cerbiatto pesarese.

Daye è un monumento a Pesaro, cosi come Cook e naturalmente il magnifico gruppo di italiani di quella meravigliosa Scavolini.

Il cerbiatto negli scorsi anni è tornato poi a Pesaro diverse volte da turista ed è stato nuovamente sommerso dall’amore della sua gente.

Un altro Daye ha vestito la maglia Scavolini, il figlio Austin adesso leader dell'Umana Reyer Venezia; ricordo che vedere la maglia biancorossa con il nome Daye nuovamente sulla schiena è stata per me una grande emozione, sono stato letteralmente sopraffatto dai ricordi.

Il poster di Daye e Cook era appeso nella mia cameretta accanto a quello di Larry Bird, poi lo sapete, il fuoco vigliacco mi ha tolto molti preziosi cimeli, ma sappia che non potrà mai togliermi i ricordi e le emozioni! Quelli verranno nella tomba con me!


Note biografiche:

Darren Keefe Day nasce a Des Moines nell’Iowa il 30 novembre del 1960.
Ala piccola di 203 cm e 100kg di peso.
Uscito dalla famosa UCLA, viene scelto al terzo giro del Draft NBA 1983 dai Washington Bullets. Resta nell'NBA sino al 1987 giocando per i Bullets, i Chicago Bulls e i Boston Celtics (in cui gioca per due stagioni ).
Con la Scavolini gioca 5 stagioni per poi terminare la sua avventura italiana a Siena per altre 2 stagioni (l’ultima molto travagliata e contestata per vicende contrattuali, fughe e ritorni!)

Riferimenti statistici: LEGABASKET SERIE A LEGABASKET SERIE A

Video: Ancora oggi mi emoziono nel rivedere su YouTube le sue magie con la maglia della Scavolini e tanto per farvi capire cosa potevamo goderci in quegli anni vi consiglio di guardare questo filmato del 1988, la partita è Scavolini Pesaro-Snaidero Caserta (con in campo lo straordinario brasiliano Oscar Schmidt il cannoniere per eccellenza). A quella partita io ero presente, godetevi cos’era il "Darren&Darwin Show".
https://www.youtube.com/watch?v=EFGs3FFvmOc
(Guardate il movimento a canestro di Daye al minuto 5.45...!!! Guardate che azione i due americani al minuto 9.04 !!!)

Barcellona 11.10.1990 Scavolini Pesaro vs N.Y. Knicks 115-119 d.t.s. (semifinale McDonald's Open 1990). Ad un passo dalla leggenda. I Knicks di Pat Eving e Charles Oakley nel tempo supplementare ebbero la meglio su di una Scavolini stile NBA, perché Cook & Daye furono colti da crampi dopo l'estenuante battaglia (53 minuti). In caso di vittoria la Vuelle sarebbe stata la prima squadra a sconfiggere una formazione NBA. Darwin Cook sfiorò la tripla doppia con 35 punti, 9 rimbalzi e 8 assist.
Open 1990 Scavolini Pesaro vs New York Knicks

[LEGGENDE] Darren Daye, il cerbiatto di Pesaro   di ilCrispo   |   Pubblicato il 16/12/2021
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