C'è molto rumore intorno a quello che è successo al Fenway Park dove a Adam Jones, un giocatore dei Baltimore Orioles, è stato fatto vittima di un episodio molto spiacevole: prima alcuni tifosi dei Red Sox lo hanno ricoperto di pesanti insulti razziali e poi non contenti, gli hanno lanciato un sacchetto di noccioline.

Non ci credo che nel 2017 siamo ancora a commentare vicende come queste, segno che l'inciviltà ed il razzismo non sono per nulla debellate. Mi è dispiaciuto leggere di tutte le voci che si sono levate contro Boston, ma ancor di più che persone come quelle che hanno insultato Jones si definiscano tifosi, sono una vergogna per lo sport e la città di Boston.

In tanti tra gli atleti hanno dichiarato che a Boston non ti puoi aspettare niente di meglio, perché anche se non con le punte del profondo sud, si tratta di una città bianca e razzista. Ovviamente anche in questo caso anziché buttare sabbia sul fuoco, si preferisce gettare benzina, ma tant'è che ce lo siamo meritati e parlo come fosse capitato a tutti noi, perché con ogni probabilità molti di quelli che si sono macchiati di questa nefandezza sono nostri fratelli di tifo, che smesso il pigiamo dei Red Sox ed indossata la maglietta verde dei Celtics, ritroviamo al Garden a tifare i nostri ragazzi.

Incredibile che una difesa del nostro tifo sia arrivata proprio da LeBron James che ha dichiarato che il nostro pubblico è molto "carico" e partecipe, ma che non ha mai sentito un insulto a sfondo razziale provenire dagli spalti del Garden.

Vicenda che lascia i veri sportivi molto male, perché fa capire quanto ci sbagliamo nel definire civile la nostra civiltà, i nostri più bassi istinti escono ogni tanto in superficie e non è un gran bello spettacolo.

Le scuse dei Red Sox e gli attestati di vicinanza a Jones sono il minimo, anche se non conosco il ragazzo e non l'ho mai visto giocare, sono con lui. Nutro un profondo malessere per queste vicende, non meno di quello che è successo qualche giorno fa in Italia contro Muntari, che anche lui non conosco ma al quale va tutto il mio supporto, così come a tutti quelli vittime di queste vicende.

Gli insulti, anche quelli all'apparenza più innocente, sono sempre sintomo di un scarsa considerazione verso l'essere umano, etichettato solo perché diverso da noi. Scegliere la parte in cui schierarsi, se è fatta con civiltà e tolleranza è sana, cosa c'è di più bello di tifare per la propria squadra e sentirsi parte di un'avventura insieme ai tuoi compagni di tifo, ma trascendere nell'insulto razziale, ma anche religioso o politico, è davvero un atto barbaro. Se uno è una testa di c***o o un bravo ragazzo, lo è a prescindere del colore della pelle e dei suoi credo, va giudicato per i suoi comportamenti non per le differenze con quello che siamo o pensiamo.

Nel nostro piccolo sforziamoci di fare la differenza, basta chiamare "gorillone" o "scimmione" qualcuno perché in realtà abbiamo paura di lui, sforziamoci di cambiare le cose partendo da noi in primis.

Grazie per aver letto questo mio sfogo, spero possa avervi fatto riflettere anche solo per un minuto.

Questo cose sono brutte e sono l'opposto dalla mia cultura.
Fortunatamente dall'NBA vengono anche i segnali forti, vedi casi Clippers con cacciata del presidente o Hawks con il GM da solo fa mia culpa e si dimette capendo di ledere l'immagine della sua squadra, della città e di tutta la NBA.
Conoscete la mia avversione sportiva per i lacustri e per la biscia ma quando ho letto del bel gesto di Kobe a favore di IT4 ho postato sul forum nella sezione roster che può esistere un mondo migliore. Ecco ripartiamo da questi bei gesti tutti insieme atleti, tifosi, dirigenze, ecc.
Abbasso il razzismo di ogni forma e specie, viva lo sport.

Sono tensioni che percorrono da sempre la società americana. Bisogna vigilare con grande senso di responsabilità, anche nel nostro piccolo.