"Il mio cuore non batte, palleggia".
di Linda CarliniCarissimi tutti, posto qui sebbene probabilmente sia
non trattando di NBA ma in fondo si tratta comunque di basket sospeso.
Quando Linda Carlini ha ricevuto dalla sua professoressa l’argomento del tema da svolgere a casa, non ci ha pensato un attimo su cosa avrebbe scritto.
“Raccontaci lo sport durante il lockdown”, e Linda ha pensato subito al basket, al suo basket.
Ne è uscito fuori un tema toccante, che racchiude il pensiero condiviso credo da migliaia di cestisti che, come lei, sognano di tornare presto in campo, per sincronizzare il palleggio della palla con quello del cuore.
Pubblicato sul sito della sua scuola, l’IC Savoia Benincasa, e poi sul sito della sua squadra, il Basket Girls Ancona, lo riporto qui di seguito
“Il mio cuore non batte, palleggia.” Buona lettura.
La pallacanestro, o basket, è stata inventata a Springfield (Massachusetts, USA) presso la YMCA, Internation Training School, nel 1891 ed esportata in Europa due anni dopo. Negli Stati Uniti i campionati NBA sono un evento annuale dal 1949 e il “dream team” alle Olimpiadi del 1992 ha reso questa disciplina popolare in tutto il mondo.
Ed ecco ve lo confesso: la pallacanestro è la mia passione! È sempre stata e sarà sempre una parte importante della mia vita.
Ho iniziato a giocare a basket all’età di 7 anni, ci sono praticamente cresciuta insieme. Questo sport è entrato nella mia vita totalmente per caso e mi ha fatto innamorare follemente. Anzi, quando ero piccola, in molti ridevano di me perché giocavo a basket nonostante fossi una femmina. “E’ uno sport da maschi” mi dicevano. “Il basket femminile? L’antibasket!”
“Pallacanestro per i maschi, pallavolo per le femmine”. Non c’è una cestista che non abbia mai sentito frasi simili almeno una volta in vita sua.
Quante volte sono stata zittita in una discussione con dei ragazzi, sentendomi dire che tanto le donne non possono capire nulla di basket. Quante volte mi sono sentita deridere quando raccontavo che sport praticavo, ricevendo sempre la solita ironica domanda: “Ah, ma perché esiste pure il basket femminile?”
La realtà è che per amare il basket, essendo una ragazza, ci vogliono molta più passione, più amore e più forza di volontà di quante ce ne vogliano per un ragazzo. Così io entravo in campo e pensavo solo a rincorrere quel pallone e a provare a buttarlo nel canestro, e mi divertivo così tanto, sudavo come una pazza, spesso mi facevo anche male: quante dita insaccate, quanti lividi sulle gambe, quante caviglie slogate, quante botte sul naso o sul labbro! Ahi Ahi…
Devo dire che non è stato facile portare avanti questa mia passione: più di una volta non mi sono sentita compresa, ho avvertito la frustrazione di chi viene guardata come se fosse “diversa”. A scuola sono stata quasi sempre l’unica ragazza della classe a giocare a basket, quella che faceva educazione fisica con i pantaloncini strani, molto più lunghi e larghi delle altre ragazze.
Anche per continuare a giocare ho dovuto fare dei sacrifici: una volta finito il minibasket, che era misto con i bambini, mi sono trovata senza squadra, perché nel mio piccolo paesino non esistevano società di basket femminile. Per questo motivo mi sono dovuta spostare, ho dovuto cambiare società, compagni di squadra e allenatore. Inizialmente mi sentivo un po’ fuori luogo, non conoscevo nessuno, ma poi ho fatto subito amicizia e mi sono sentita come se avessi trovato finalmente il mio posto, perché non ero più l’unica femmina a giocare in mezzo a tanti maschi: lì eravamo tutte bambine! Finalmente potevo cambiarmi nello stesso spogliatoio del resto della squadra, potevo farmi la doccia insieme a loro. Non ero più quella “diversa”…
Sembra strano: “buttare la propria vita appresso a un pallone”, quando ci sono sempre mille cose, probabilmente anche più importanti, a cui pensare, alle quali non si può rinunciare… eppure per me è proprio così: chi gioca può capire…
Sì, il basket è una droga. Una bella droga, però, una droga anomala, non nociva e dannosa, che silenziosamente ti accompagna e ti rimane fedele per tutta una vita.
Questo sport mi ha aiutato a riflettere e a distrarmi nei momenti difficili, mi ha fatto divertire sia da sola che con la squadra e soprattutto è stato un’immensa fonte di soddisfazione personale.
Si può dire che il basket è un po’”la mia filosofia di vita”, quella tipica di chi è disposto a compiere sacrifici per una vittoria di squadra, quella di chi vede nel pallone un mezzo di sfogo personale, quella di chi sa prendersi le sue responsabilità, magari quando mancano pochi secondi alla fine della partita, oppure anche quella di chi vuole mettersi in discussione, accettando sconfitte… Insomma, il basket è pura emozione! Nonostante tutto ciò, però, non mi ha reso la vita per niente semplice… Ha anche iniziato pian piano a chiedermi sempre di più, ad essere più duro, più esigente, a richiedermi più tempo, più impegno e determinazione.
Senza basket probabilmente sarei una figlia migliore, in quanto dedicherei più tempo alla mia famiglia, oppure un’amica migliore… Quante volte le mie amiche mi hanno guardata male perché ho “saltato” un sabato sera in discoteca per riposare in vista della partita del giorno dopo.
Ma non sarei quello che sono veramente. Il basket mi ha aiutato a crescere, ho imparato che nulla si ottiene senza sacrificio e senza coraggio. Ci sono stati dei momenti in cui mi ha portata addirittura a pensare di lasciarlo: infatti era diventato un po’ pesante, non mi divertivo più come una volta…
Ma poi recentemente ho capito che io non riesco a stare bene senza. Ha reso e sta rendendo il mio percorso di crescita particolare e impegnativo, ma è grazie a questo sport se ora sto vivendo la vita che amo e se sono chi sono ora.
Purtroppo però, a causa di questa emergenza sanitaria del Coronavirus, che tutto il mondo sta affrontando, anche il basket si è dovuto fermare. Era prevedibile e probabilmente inevitabile.
Spero che tutto questo finisca presto. Vorrei contare i giorni che mancano, ma in realtà non posso… Tutto quello che vorrei è una palla e un canestro, tornare ad allenarmi, a giocare e a rivedere le mie compagne.
È una battaglia da vincere, o meglio, una partita da vincere e per questo motivo adesso è solo il momento di fare come in partita: rispettare le regole. Perché se non le rispettiamo, la squadra rischia di perdere.
Facciamolo per noi stessi e soprattutto per gli altri.
A presto mia cara pallacanestro, mi manchi tanto!
Linda Carlini, 3B ESABAC