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Ciao Bill   di MarcUs   |   Pubblicato il 02/06/2024

"Thank you John and thank you Red”, nel suo discorso alla Hall of Fame, il mitico Bill Walton volle citare innanzitutto John Wooden e Red Auerbach, due delle due più grandi menti del gioco, che lo avevano guidato e scelto in momenti diversi della sua carriera di giocatore. All’inizio e alla fine.

John Wooden in NCAA sta più o meno come Red Auerbach alla NBA. E Walton, tanto per l’uno che per l’altro ha rappresentato il giocatore ideale, il lungo con upgrade d'avanguardia, con il primo ha iniziato, con l’altro ha concluso da protagonista una carriera formidabile giocata oltre il dolore, oltre gli infortuni, oltre ogni accidente.
Si inzia a parlare di lui alle high school, nell'anno da senior 1969-70 Walton realizza 384 canestri su 490 tiri, tirando quindi con il 78,3%, che è ancora il record nazionale di tutti i tempi.

Arriva a UCLA nel 1970 e i Bruins con lui rimarranno imbattibili e imbattuti per più di due anni. Bill Walton vince con coach Wooden le sue prime 73 partite del college basket.

Ripeto: Bill Walton vince con coach Wooden le sue prime 73 partite del college basket.
(Qui sotto i due.)

La prima sconfitta arriva contro Notre Dame nel 1974, una sconfitta per 71-70 in cui Walton tirò 12 su 14 dal campo. DOMINIO! La partita più famosa di Walton fu però quella per il titolo NCAA del 1973, UCLA contro Memphis State, in cui il rosso tirò 21 su 22 dal campo (l’unico tiro sbagliato, prese rimbalzo e la mise dentro) e guidò i Bruins a un altro campionato nazionale.
"Una delle mie guardie durante il time out ha detto: 'Proviamo qualcos'altro del dare balla a Bill?'", confidò Wooden all'Associated Press nel 2008 durante una retrospettiva e commemorazione del 35° anniversario di quella incredibile finale. La risposta di Wooden durante quel timeout, fu: "Perché? Se non è rotto, non aggiustarlo. Diamo la palla a Walton, ci pensa lui".

Walton chiuderà la sua carriera universitaria con un record di 90 partite giocate: 86 vinte e 4 perse. Vincendo tre premi consecutivi di giocatore universitario nazionale dell'anno (1972-1973-1974), mentre guidava l'UCLA ai campionati NCAA nel 1972 e nel 1973. Chiude la carriera universitaria con una media di 20,3 punti, 15,7 rimbalzi e 5,5 assist.

Poi, è stato la scelta numero 1 di Portland nel Draft NBA del 1974. Guidò Portland al titolo NBA del 1977 da MVP delle finali, ancora da autentico dominatore. L'anno successivo sarà MVP del campionato. Ma poi le ginocchia hanno iniziato a scricchiolare, infortunio dopo infortunio la sua vicenda sportiva era minata dalla sofferenza. Però pure dall’ardore. Ha sempre detto che Bill Russell era il suo giocatore preferito e il centro che lo ha ispirato più di ogni altro.

Considerava Larry Bird il più duro e il migliore giocatore con cui avesse mai giocato. Celebre la sua affermazione : "Giocare a basket con Larry Bird è come cantare con Jerry Garcia", riferendosi al co-fondatore dei Grateful Dead, il suo gruppo musicale di riferimento, la sua religione. Per intendersi, nei suoi discorsi e nelle telcronache faceva spesso riferimento alla celeberrima band di rock psicadelico, spesso indossava le t-shirt del gruppo e registrava speciali sulla radio satellitare per celebrare il suo essere un "Deadhead".

Arrivare ai Celtics e giocare la stagione 1985-86 da miglior sesto uomo della lega fu il miglior canto del cigno che si potesse immaginare, un finale degno dell’inizio.

Bill Walton era un hippy, un figlio dei fiori, che visse le contestazioni della guerra in Vietnam. Un californiano da surf, chitarra ed erba da fumare. Ed era un uomo socialmente impegnato, sempre. Il tema degli homeless e la creazione di spazi di accoglienza per aiutare i bisognosi saranno al centro della sua vita e del suo impegno. E ogni volta mostrava una gioia di vivere sana, serena e bella. Gli altri prima di stesso.
"I miei compagni di squadra mi hanno reso un giocatore di basket e una persona molto migliore di quanto avrei mai potuto diventare praticando uno sport individuale", ha detto Walton sempre nel suo discorso di ringraziamenti alla Hall of Fame nel 1993.

Che poi però Walton in campo sapeva fare tutto, tempismo formidabile, una incredibile visione del campo e del gioco , fondamentali eccellenti ed è stato uno dei più grandi passatori tra i big man nella storia del campionato.
Bill Walton è stato un giocatore leggendario, iconico per la sua barba rossa, i lunghi capelli e la fascia in fronte. Bill Walton è stata pure una personalità singolare che ha testimoniato costantemente impegno e gioia di vivere.

"Non c'è niente di meglio di questo", ripeteva spesso in trasmissione, ridendo delle sue stesse battute, commentando in modo coinvolgente e appassionato ogni partita NCAA, con indosso una maglietta dalla tinta psicadelica oppure una camicia con le palme e una collana hawaiana al collo.

Eppure, quel formidabile commentatore del basket universitario da ragazzo aveva una balbuzie pronunciata e preferiva restare in silenzio. Eppure, quel mattacchione sempre allegro aveva vissuto momenti drammatici come si apprende nel suo toccante libro di memorie, "Di ritorno dalla morte" in cui raccontava la storia di una convivenza frustrante con un debilitante infortunio alla schiena subito nel 2008, che lo portò a pensare di togliersi la vita a causa del dolore costante, asfissiante e irrefrenabile. Il New York Times ebbe parole entusiastiche nella recensione del libro.

In una intervista del 2017 faceva questa confidenza: “Nella vita fuori dal campo di gioco ero tendenzialmente un complessato, i capelli rossi, il grande naso, i dentoni e le lentiggini, una faccia sciocca, da nerd e non sapevo parlare per niente. Balbettavo. Ero incredibilmente timido e non dicevo mai una parola. Poi, a 28 anni, ho imparato a parlare. Non ho mai più smesso. Questo è diventato il più grande risultato nella mia vita e l'incubo più grande della vita di tutti gli altri"
E giù a ridere.
Ancora.

Walton è morto lunedì all'età di 71 anni, dopo una lunga lotta contro il cancro.

Ma Bill Walton rimane.

Ciao Bill   di MarcUs   |   Pubblicato il 02/06/2024
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