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Goodbye Mr.Scal

Nello sport professionistico ci sono logiche e motivazioni che spingono gli staff dirigenziali a ragionare al bene della squadra in termini molto diversi rispetto a quelli dei normali tifosi. Le ragioni principali sono dettate dal budget, che spinge i GM a dover sacrificare alcune pedine nel nome di questo oscuro dio pagano.

Il nostro Ainge non si sottrae certo a queste logiche ed anzi nel corso del tempo ha operato molte scelte dolorose in questo senso. Chi non ricorda la rinuncia a Posey o quella più recente di Eddie House? Per non parlare dell'abbandono dell'infortunato Leon Powe, che aveva dato una parte del suo fisico per il bene della squadra. Se poi andiamo indietro nel tempo ci sono rinunce a giocatori in quel momento simboli della nostra volontà di rinascita come West (tornato quest'anno), Jefferson e Green. Non vogliamo poi parlare di come gestì Anotoine Walker? Meglio di no, non rivanghiamo, anche se in questo ultimo caso la tifoseria era tutta con GM non potendone davvero più di "The Genius" e la sua indole di tiratore perimetrale.

Tutta questa lunga premessa per raccontarvi di un altro addio che, se tecnicamente sposta poco per non dire nulla, per i tifosi dei Celtics stride come una corda di violino suonata da un fabbro. Ora è ufficiale: Brian Scalabrine non è più un giocatore dei Celtics, visto che in queste ore prova a fare squadra con Chicago.

Il ruolo all'interno della squadra di Brian era molto più importante di quello che il suo utilizzo in campo faceva vedere. Sempre pronto ad una buona parola ed a dare consigli a tutti, era anche uno di quelli che insieme a Pierce, Rondo e Perkins aveva visto i giorni bui, giorni in cui i Celtics erano la barzelletta della lega. Sapeva godersi in maniera totale questi momenti di gloria degli ultimi anni. Poteva parlare con tutti, anche coi big, per dargli la sua visione. Perfino Garnett, uno diffidente col mondo e che non tende a dare molta confidenza, si era un po' sciolto con Scal dandogli fiducia ed accettando quello strano atleta, più vicino morfologicamente ad un lanciatore di fusti di birra che ad un giocatore di basket.

Però Scalabrine era l'idolo indiscusso del Garden. Quando metteva piede in campo tutto il pubblico non faceva altro che intonare una nenia scandendo il suo nome: S-C-A-L-A-B-R-I-N-E. Questo spesso era il segno di una facile vittoria, perché se Scal era in campo la partita era normalmente finita, tolti quei rari casi in cui c'era un'emergenza nel roster che lo "costringeva" a giocare. Altrimenti il nostro rosso preferito si teneva la tuta e agitava l'asciugamano dalla panca. Poi intendiamoci Scalabrine a basket ci sa giocare. Tiro da fuori in attacco specialmente da tre punti e durezza in difesa, riusciva a dare un contributo concreto sul campo e non solo emotivo. A dire il vero però questi momenti erano sempre più rari e le sue statistiche in calo lo testimoniano. Per la prima volta sotto la doppia cifra in minuti di utilizzo in stagione e negli ultimi play-off di fatto è stato inutilizzato.

Un peccato è indubbio, perché dentro il suo petto ormai batteva il cuore di un fedele servo irlandese. Ci mancherà tantissimo, ma sono sicuro che quando tornerà al Garden si alzerà il coro: S-C-A-L-A-B-R-I-N-E.




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Pubblicata da Luciano Pellegrini il 22.09.2010


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